Il problema della sicurezza riguarda non soltanto le abitazioni private, gli istituti di credito oppure gli edifici di prestigio come i musei e i Ministeri, ma anche i luoghi di lavoro. Le finalità della videosorveglianza nei luoghi di lavoro sono molteplici: tanto per cominciare, occorre tenere sotto controllo 24 ore su 24 luoghi di lavoro e macchinari, per impedire furti ed effrazioni, ma anche incidenti di vario tipo (incendi, potenziali allagamenti ecc..) , oppure intervenire in maniera tempestiva in caso di black-out che potrebbero mettere a repentaglio la catena produttiva, provocando ingenti danni (per esempio nel caso di scongelamento di prodotti).
Spesso, tuttavia, si rivela necessario utilizzare impianti per la videosorveglianza anche nella catena produttiva, monitorando il lavoro dei dipendenti che potrebbero anch’essi rubare, truffare o provocare danni. O comunque, anche quando non sono installate con tale scopo, le telecamere finiscono col riprendere anche chi lavora, creando non pochi problemi ai datori di lavoro che hanno installato l’impianto.
Questo perché quando si tratta di riprendere il personale, laddove quest’ultimo non abbia espressamente autorizzato le riprese (cosa che non è tenuto in alcun modo a fare), entra inevitabilmente in conflitto con quanto previsto dall’attuale normativa sulla privacy, molto restrittiva proprio per garantire il rispetto di uno dei diritti considerati fondamentali per l’uomo all’interno di una società civile.
Monitorare di nascosto i propri dipendenti, dunque, oltre che scorretto, è un reato vero e proprio punibile a norma di legge. Se si vuole installare un sistema di videosorveglianza senza incorrere a sanzioni di tipo penale, dunque, occorre non soltanto informare i dipendenti circa la presenza di telecamere, ma anche ottenere l’autorizzazione preventiva dell’Autorità competente in materia, ossia la Direzione Territoriale del Lavoro.
Se questa autorizzazione non viene richiesta o, seppur richiesta, non viene ottenuta, l’installazione di un sistema di videosorveglianza nei luoghi di lavoro è proibita ai sensi dell’articolo 4 della Legge n. 300/1970 dello Statuto dei lavoratori, nel quale è sancito espressamente il divieto, per i datori di lavoro, di usare impianti audiovisivi che controllino a distanza l’operato dei dipendenti. Nella richiesta preventiva di autorizzazione, il datore di lavoro che ne fa richiesta deve dimostrare che le telecamere verranno installate con finalità di “prevenzione e deterrenza dei fenomeni criminosi al fine di tutelare la sicurezza delle persone e l’integrità del patrimonio aziendale”.
La legge prevede che non solo i dipendenti, ma anche i clienti, debbano essere preventivamente informati della presenza di telecamere mediante appositi cartelli che di solito vengono affissi all’entrata, e che informano che si sta per accedere a un locale videosorvegliato. Occorre inoltre che vi sia uno specifico dipendente cui sia consentito l’accesso all’impianto di videosorveglianza, nonché al materiale audiovisivo che se ne ricava, da visionare in caso di necessità.
Non solo: per quanto riguarda infatti la scelta delle angolazioni di ripresa, queste devono essere scelte in modo da tutelare le zone più a rischio di effrazione/furti/incidenti, e anche se il sistema di videosorveglianza è stato autorizzato legalmente, non è comunque possibile riprendere le postazioni di lavoro. Anche l’utilizzo delle immagini riprese è sottoposto a regolamentazione legale: i filmati, infatti, possono essere conservati solo per 24 ore, e non possono essere utilizzate in alcun modo contro i lavoratori. Installare un sistema di videosorveglianza nei luoghi di lavoro, dunque, richiede molta attenzione e continua manutenzione da parte di chi lo installa.