Sia sul luogo di lavoro, sia all’interno – o all’esterno – della propria abitazione, sono sempre di più le persone che decidono di installare un sistema di videosorveglianza attivo 24 ore su 24, che metta in sicurezza gli ambienti scoraggiando eventuali furti o effrazioni. Prima ancora di dedicarsi alla scelta del sistema di videosorveglianza più adatto, però, è opportuno dare un’occhiata alle attuali normative relative alla videosorveglianza.
Si tratta di istanze che vanno seriamente prese in considerazione, in quanto ogni effrazione è punibile a norma di legge, dal momento che implica il coinvolgimento di terze persone. L’esigenza di sicurezza, e dunque la necessità di installare apparecchiature adibite alla videosorveglianza, rischia infatti di ledere uno dei diritti principali della persona, ossia il diritto alla privacy, a tutela della quale in Italia è stato istituito un apposito garante.
Le normative relative alla videosorveglianza variano a seconda che le telecamere vengano installate su un luogo di lavoro – per esempio una fabbrica, oppure un negozio o un complesso di uffici – oppure in un’abitazione privata.
Per quanto riguarda i luoghi di lavoro la questione è un po’ più complessa. L’impianto di videosorveglianza, infatti, può essere installato a patto che si informino tutti i lavoratori della presenza di telecamere; queste telecamere, inoltre, non possono riprendere i lavoratori nello svolgimento del loro lavoro, né possono essere installate in luoghi adibiti a scopo ricreativo (ad esempio mense, spogliatoi, salette o bar che fungono da ritrovo per il personale).
Non solo: prima di installare delle telecamere, infatti, l’azienda o il singolo datore di lavoro devono ricevere un’autorizzazione preventiva rilasciata da un ente apposito rappresentato dall’Ispettorato del lavoro, incaricato di esaminare caso per caso e quindi procedere alla trasmissione del permesso. Si parla di permesso preventivo poiché procedere all’installazione di un sistema di videosorveglianza e dichiararlo all’ente preposto solo in un secondo momento costituisce un’infrazione alla legge punibile con una multa che va da un minimo di mille euro a un massimo di qualche migliaia di euro. Ciò vale anche se i dipendenti erano stati preventivamente informati della presenza di telecamere.
Nel dettaglio, la normativa che regola la videosorveglianza sul lavoro è l’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori. Il discorso è solo parzialmente diverso quando si parla di abitazioni private. In questo caso, le telecamere all’interno non costituiscono ovviamente alcun problema; non così quelle installate all’esterno, che potrebbero riprendere accidentalmente il vicinato o i passanti per strada.
Per questo motivo, è opportuno accertarsi che l’angolo di ripresa inerisca solo al proprio cortile o al proprio giardino, senza che l’occhio della telecamera possa “vagare” sul vicinato. In caso contrario, è importante che nelle riprese non siano riconoscibili i volti delle persone eventualmente riprese, né dettagli come ad esempio il numero di targa.
In linea più generale, la videosorveglianza è ammessa solo quando v’è un bene (o un interesse) effettivo da proteggere e non solo attuabili altre modalità di controllo. Ai sensi della legge, è fondamentale che il materiale registrato venga conservato solo per il tempo strettamente necessario, che è stato individuato in un massimo di 24 ore (estendibili a una settimana qualora sussistano esigenze d’indagine o di pubblica sicurezza). Trascorso questo termine, i filmati andranno distrutti.